lunedì 3 luglio 2017

Il caso Müller, la FSSPX, Francesco e il suo nuovo Prefetto. Un articolo del Professor de Mattei e una breve chiosa

Pubblichiamo le interessanti considerazioni del Professor Roberto de Mattei comparse oggi sul quotidiano romano il Tempo a margine della rimozione del Cardinal Müller dalla Prefettura della Congregazione per la Dottrina della Fede e della sua sostituzione tramite il teologo e gesuita spagnolo Monsignor Luis Francisco Ladaria Ferrer. Si tratta un articolo condivisibile nel suo complesso come nei singoli passaggi il quale merita però di essere integrato da due brevi richiami che sorgono spontaneamente dalla sua stessa lettura. Il primo riguarda il passato e ci porta ricordare che la nomina di G.L. Müller, il cui curriculum di vescovo e di studioso si colloca alla sinistra di quello di Larirda Ferrer, sembrò a suo tempo il frutto della decadenza del Pontificato di Benedetto XVI che chiamava a occupare un importante ufficio un suo vecchio allievo noto per essere stato il curatore dei Gesammelte Schriften del Professor Ratzingerper i buoni rapporti con alcuni rappresentanti della teologia della liberazione. Il secondo richiamo è di estrema attualità e riguarda una lettera che è stata resa nota la scorsa domenica presso le Cappelle della FSSPX, una lettera inviata recentemente dal Cardinal Müller a Monsignor Fellay (vedi qui) con la quale si pongono come condizioni del riconoscimento canonico della Fraternità l'accettazione della Professio fidei del 1988, degli insegnamenti del Concilio Vaticano II e del magistero successivo a esso nonché della legittimità oltre che della validità della Messa di Paolo VI. Poiché si tratta di uno degli ultimi atti del Cardinale tedesco, la cui simpatia per la FSSPX, sin dai tempi in cui era vescovo di Ratisbona, non è mai stata tanto spontanea e naturale, c'è da chiedersi quale sia il suo reale movente, se sia un colpo di coda di un antico nemico o il riflesso di una nuova mossa di papa Francesco nella lunga e per molti un po' misteriosa partita con Monsignor Fellay (nella lettera Müller affermerebbe di avere avuto l'assenso del Papa). 
In seguito alla preannunciata risposta negativa di Menzingen alle richieste di Roma saranno revocate le autorizzazioni concesse da Francesco alla Fraternità Sacerdotale San Pio X per quanto riguarda l'esercizio della giurisdizione nelle confessioni e nei matrimoni e la legalità delle ordinazioni e degli altri sacramenti? Quale sarà l'atteggiamento di Monsignor Luis Francisco Ladaria Ferrer nei confronti del più grande, diffuso e antico istituto della Tradizione cattolica? La lettera giunta a Fellay reca già la firma del nuovo Prefetto in sostituzione di quella di Müller?


La rimozione del cardinale Gerhard Ludwig Müller rappresenta un momento cruciale nella storia del pontificato di papa Francesco. Müller infatti, nominato prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede il 2 luglio 2012 da Benedetto XVI, ha solo 69 anni. Non è mai accaduto che un cardinale lontano oltre cinque anni dall’età canonica del pensionamento (75 anni) non sia stato rinnovato per un secondo quinquennio.
Basti pensare che vi sono prelati che, pur avendo dieci anni di più del  cardinale Müller, occupano ancora importanti incarichi, come il cardinale Francesco Coccopalmerio, presidente del Pontifico consiglio per i Testi legislativi, lo stesso porporato il cui segretario è stato recentemente colto in flagrante dalla gendarmeria pontificia, nel corso di un’orgia omosessuale a base di droga all’interno di un Palazzo appartenente al Vaticano. Coccopalmerio però aveva mostrato il suo apprezzamento per la Amoris laetitia, spiegando che «la Chiesa è sempre stata comunque il rifugio dei peccatori», mentre Müller non aveva nascosto le sue perplessità verso le aperture della Esortazione pontificia,  sia pure con dichiarazioni di natura oscillante. 
Sotto questo aspetto, il licenziamento del cardinale Müller  è un atto di autorità che costituisce una sfida aperta di papa Bergoglio a quel settore di cardinali conservatori ai quali il Prefetto della Congregazione per la Fede era notoriamente vicino. Francesco si è mosso con forza, ma anche con abilità. Ha iniziato a fare terra bruciata attorno a Müller, imponendogli di licenziare tre dei suoi più fidati collaboratori. Gli ha fatto poi ventilare fino all’ultimo la possibilità del rinnovo, pur senza mai dargli esplicite assicurazioni. Infine l’ha sostituito, ma non con un esponente del progressismo radicale, come il rettore dell’Università Cattolica di Buenos Aires, monsignor Víctor Manuel Fernández, o il Segretario speciale del Sinodo monsignor Bruno Forte. Il prescelto è l’arcivescovo Luis Francisco Ladaria Ferrer, gesuita, fino a oggi segretario della Congregazione. La sua scelta rassicura e spiazza i conservatori. Ciò che alcuni di essi non comprendono è che  ciò che importa a papa Francesco non è l’ideologia dei collaboratori, ma la fedeltà al suo piano di “riforma irreversibile” della Chiesa.
Più che di vittoria di papa Francesco si dovrebbe però parlare di sconfitta dei conservatori. Il cardinale Müller non condivideva la linea di papa Francesco, ed era stato tentato di assumere pubblicamente una posizione contraria, ma la tesi corrente nel gruppo dei conservatori, era che fosse meglio che egli conservasse il suo posto tacendo, piuttosto che di perderlo parlando. Il Prefetto aveva scelto una linea di “profilo basso”. In un’intervista a Il Timone, aveva detto che  «La “Amoris laetitia” va chiaramente interpretata alla luce di tutta la dottrina della Chiesa. […] Non mi piace, non è corretto che tanti vescovi stiano interpretando “Amoris laetitia” secondo il loro proprio modo di intendere l’insegnamento del papa», ma in un’altra dichiarazione, aveva anche espresso la sua contrarietà alla “pubblicizzazione” dei dubia dei quattro cardinali. Ciò non ha evitato la sua rimozione.
Il “profilo basso”, nella strategia di alcuni conservatori, rappresenta un male minore rispetto al male maggiore della perdita del posto, conquistato dagli avversari. Questa strategia di “contenimento” non funziona però con papa Francesco. Qual è stato infatti l’esito della vicenda? Il cardinale Müller ha perso una preziosa occasione di criticare pubblicamente la Amoris laetitia e alla fine è stato congedato, senza neppure il dovuto preavviso. E’ vero, come osserva Marco Tosatti, che egli oggi è più libero di esprimersi. Ma se anche lo facesse, sarebbe la voce di un cardinale pensionato e non quella del Prefetto del più importante Dicastero della Chiesa. L’appoggio della Congregazione della Fede ai quattro cardinali che vanno avanti per la loro strada sarebbe stato rovinoso per chi oggi guida la Rivoluzione nella Chiesa e papa Francesco è riuscito ad evitarlo. La lezione della storia è che chi non combatte per non perdere, dopo il cedimento conosce la sconfitta. 

Roberto de Mattei 

fonte: Il Tempo, 2 luglio 2017

1 commento:

  1. Nessun accordo è lecito se non c'è verità nelle due parti. Roma non è più Cattolica Apostolica. Unico accordo possibile è nel rispetto reciproco di due posizioni inconciliabili. Il falso è inconciliabile con la Verità.

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